La criminalizzazione del dubbio e il peso significativo della comunicazione scientifica.

Dopo la morte di  Camilla Canepa,  la ragazza diciottenne morta di trombosi a qualche giorno dal vaccino Astrazeneca, riparte quel flusso comunicativo mediatico-pseudo-scientifico, sovraccarico ormai di sfiducia, rabbia, paradossi e di no sense.

All’inizio del 2021 la narrativa trionfalistica (in parte corretta) sulla possibilità di vaccinarsi, l’avere addirittura più vaccini allo stesso momento, quasi alla portata di tutto il globo, aveva invaso la nostra quotidianità, i dibattiti pubblici e l’intero spazio politico-mediale. Una narrativa, che come tutte le comunicazioni che riguardano aspetti e fenomeni globali, si sono presto tribalizzate, chiuse su se stesse, creando conflitto, credenze e comportamenti opposti.


Il vaccino come beneficio-malefico, risorsa-pericolo, salvezza-(in)sicurezza, soluzione-problema. Una questione prima di natura tecnica-informativa e che subito dopo ha subìto una veloce trasformazione antropologica generando due gruppi, i (ciechi) sostenitori dei vaccini e i cosiddetti no-vax. Il problema è che all’interno di quest’ultima categoria, sono stati fatti rientrare non solo soggetti complottisti-antivaccinisti , ma qualsiasi cittadino alla ricerca di qualche risposta in più su come comportarsi durante la campagna vaccinale.

Ma la scienza non ragiona in maniera binaria. Non può essere generalista, superficiale o emotiva. Tantomeno chi produce cono-sc(i)enza non dovrebbe avere una mente binaria. Purtroppo, invece, come per il discorso sui migranti, il terrorismo, la crisi economica, la disoccupazione, anche in questa situazione di crisi, il tema della somministrazione dei vaccini è stata affrontata seguendo “due stelle comete” differenti, i numerosissimi dati e l’emotività, e aderendo dunque a due schieramenti opposti : il gruppo di coloro che qui chiamiamo “olistici” e quelli che potremmo definire “sovranisti psichici”.


Chiariamo un punto prima di continuare. Qui siamo oltre il pensiero no-vax. Usciamo da questa semplificazione comunicativa e scorciatoia cognitiva, ormai forse troppo comoda per spiegare la complessità e soffocare le nostre insicurezze.

C’è chi si fida ciecamente dei dati e della scienza, senza farsi alcuna domanda. E anche questa in questo modo di pensare dovrebbe essere indagato bene, in quanto è sicuramente il risultato di una “mente tribale.


Per quanto riguarda il gruppo dei “sovranisti psichici”, ingannati dall’insicurezza e dall’emotività nella lettura del reale, usare la definizione di “ no-vax” non solo sarebbe errato, ma anche irrispettoso, soprattutto se a farlo sono le istituzioni. Stiamo parlando di un gruppo di soggetti “misti” da un punto di vista sociale (studenti, insegnanti, politici, scienziati, giornalisti..) che crede nella scienza, che vorrebbe fare il vaccino, ma, a differenza del primo, per il caos comunicativo istituzionale e dopo mesi di restrizioni e crisi personali, chiede qualche informazione in più su come comportarsi di fronte a questo “miracolo” della scienza.


I casi di trombosi in Italia dopo il vaccino Astrazeneca, presi in considerazione dalla comunità scientifica sono sicuramente minori rispetto al numero dei vaccinati totali finora che non hanno conosciuto particolari reazioni. Ma la cantilena sui costi-benefici, in un paese sfiduciato e stanco, non funziona più.


Per spiegare la crisi e la scienza bisognerebbe considerare il tutto, l’intero della questione, fare uno “sforzo comprensivo” attraverso una percezione pura delle cose, direbbe il sociologo Berger. E ciò significa smettere di raccontare solamente le grandi cifre a disposizione, porre attenzione esclusivamente alle sovrastrutture, alle statistiche. I dati hanno un valore sociale e uno scopo descrittivo, ma vanno anche ben interpretati. Va bene il livello macro, ma anche la dimensione micro ha la sua importanza: l’emotività, l’endotico, la quotidianità, le piccole circostanze, positive e negative, vissute dalla popolazione .
Ciò che accade nella vita quotidiana, in una comunità, in una famiglia di un piccolo Comune ha un valore enorme e deve essere considerato dalle istituzioni e dai media locali e nazionali, in quanto elemento utile per ri-creare fiducia e solidarietà nel paese. Tutto ciò non può essere messo all’angolo, o falsamente dimenticato, con la strategia comunicativa dei costi e benefici.


La stessa cosa vale per il vaccino e il caso di trombosi citato all’inizio. Gli esperti hanno più volte cambiato versione, sono stati più volte contestati. Ma proprio perché la scienza si alimenta con i punti interrogativi, vive di domande e di dubbi, si è dibattuto alungo, incoraggiando nel frattempo giovani e anziani a vaccinarsi. In pochi mesi però la campagna vaccinale si è trasformata in un evento dal sapore elettorale e mercatistico, alla ricerca di “matricole”.

Economia e turismo devono giustamente essere risollevati. Ma l’accelerazione, la fretta di ri-nascere produce contraddizione. E ne ha prodotta talmente tanta che coloro hanno provato ad alzare la mano e chiedere maggiori informazioni e approfondimenti sul vaccino e i casi di trombosi precedentemente avvenuti, sono stati subito etichettati come nemici sociali da abbattere. Coloro che avevano dubbi su quale vaccino fosse stato più adatto alla personale situazione fisica di salute, non meritavano nemmeno di essere soccorsi in caso di contagio (cosi si legge in molti post su facebook e twitter).

Paradossalmente, il dubbio, quello del semplice cittadino è stato criminalizzato. Non ancora del tutto, per fortuna quello della comunità scientifica. Come accennato, la scienza è dubbio, ricerca e scoperta, un continuo punto di domanda.


Siamo quindi oltre il tema no-vax, siamo di fronte al sano dubbio, radice della scienza, che in quanto tale non può essere criminalizzato, soprattutto se deriva dal semplice cittadino. Il dubbio è scienza e democrazia insieme. A volte anche ricerca di giustizia.

E probabilmente qualche dimissione dovrà esserci, qualcuno dovrà scontare qualche pena per l’incompetenza e il “crimine comunicativo” commesso nella fase post-pandemica.


Non è una questione di credere solo nella scienza. C’è chi si è preso l’onere e l’onore di sparlare approfittando della propria pseudo-autorevolezza e della conquista dello spazio pubblico.


Spiegare i vaccini è importante. Non sono tutti uguali, non sono gli stessi per tutti, e i messaggi comunicati devono essere corretti.


Per qualcuno questi aspetti potrebbero avere un peso significativo nella propria vita quotidiana, anche più del “bollettino della pandemia” o qualche commento nei social network o conferenza stampa. L’ascolto istituzionale dovrebbe essere ripristinato.


D’altronde il filosofo Bertrand Russell giustamente affermava:“il problema dell’umanità è che gli stupidi sono sempre sicurissimi, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.”

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Giacomo Buoncompagni

Giacomo Buoncompagni, PhD, è docente di Sociologia del Giornalismo presso l’Università di Verona e di Politiche e misure europee contro l’estremismo all’Università di Siena. Insegna inoltre Antropologia Sociale e Progettazione di integrazione multiculturale al Ciels di Bologna ed è Presidente dell’associazione AIART di Macerata. Nel 2019 ha vinto il Premio Pareto per la Sociologia; ha pubblicato diversi articoli e saggi sul tema dell’immigrazione, della sicurezza e dei media digitali ed è autore dei volumi Forme di Comunicazione criminologica. Il crimine come processo comunicativo (Aras edizioni) e Cybermigration. La dimensione digitale dell’immigrazione (PM edizioni),

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