Rapporti tra scienza e filosofia

L’essere della filosofia e l’energia della fisica non sono concetti tanto distanti. La filosofia continua a vivere dentro la scienza attraverso figure di scienziati e filosofi come Albert Einstein.

Oltre la relatività e la meccanica dei quanti, la scienza oggi è ancora in viaggio per unificare relatività e meccanica quantistica. Il punto di approdo è la gravità quantistica e la filosofia vuole avere voce in capitolo.

Il ruolo che Einstein e Planck hanno rivestito nell’ambito della storia della scienza è davvero qualcosa di inaudito. Famoso per il suo pensiero creativo e la naturale vocazione, (sotto certi aspetti “filosofica”) nel procedere secondo esperimenti di pensiero, Albert Einstein ha realmente rivoluzionato dalle fondamenta i concetti di tempo, spazio, massa ed energia, confermandosi uno dei più geniali fisici teorici del Novecento. 

Rapporti scienza e filosofia

Gerald Holton, fisico e biografo di Einstein, per sottolineare appositamente la sua spiccata attitudine da filosofo aveva ironicamente parlato di “sindrome ionica” di Einstein, alludendo alla Ionia, cioè a quella parte dell’Asia Minore in cui la filosofia greca è nata con i Presocratici: Talete, Anassimandro, Anassimene, Eraclito, ecc. Il paragone è senza ombra di dubbio corretto perché come Einstein anche i Presocratici si ponevano l’obiettivo di unificare la realtà e trovare l’arché o l’origine del Tutto. La storia della filosofia comincia con il tentativo di unificare la realtà esattamente come la storia della fisica è a suo modo percorsa da tentativi di unificare fenomeni o meglio forze diverse.

La genialità di Einstein in estrema sintesi deriva dall’essere riuscito a unificare con successo in una sola formula tutte le scoperte scientifiche a lui precedenti, da Galileo, passando per Newton, fino alla meccanica ottocentesca per approdare in ultimo all’elettromagnetismo (non incluso nella relatività galileiana). Galileo aveva infatti sostenuto che tutti i movimenti dei corpi, per quanto relativi alla posizione di chi osserva, fossero comunque identici per tutti gli osservatori, decretando così l’universalità delle leggi della fisica, qualora il termine “relatività” venisse per errore scambiato per relativismo. 

Galileo ci aveva insegnato che è possibile sommare le velocità dei mobili all’interno dei sistemi di riferimento e tutto ciò sembrò funzionare alla perfezione fino a quando nel 1887 due fisici americani, Albert A. Michelson e Edward W. Morley si accorsero che a differenza di altri enti, la luce viaggiava sempre alla stessa velocità di circa trecentomila chilometri al secondo. Da ciò ne derivò che tutti i fenomeni elettromagnetici (già unificati in precedenza da Faraday e Maxwell) non rispondevano alla relatività galileiana.

Ci volle il contributo di Einstein che nel 1905, suo annus mirabilis, pubblicò all’interno degli Annalen der Physik, quattro articoli sbalorditivi sui seguenti argomenti: 1) l’effetto fotoelettrico con cui vinse il Nobel nel 1921, 2) il moto browniano 3) la relatività ristretta e infine 4) E=mc2.

La relatività ristretta

Di grosso impatto furono sicuramente gli ultimi due. Il terzo scritto sanciva la sostanziale invariabilità di tutti i fenomeni fisici (meccanici o elettromagnetici) all’interno dei vari sistemi di riferimento, promuovendo inoltre la velocità della luce a celeritas per antonomasia  – c –  da cui la definizione di costante universale. Niente può viaggiare oltre c e una tale posizione ben presto comportò due grosse innovazioni al modello di universo newtoniano. La prima è che tempo e spazio sono correlati in un continuum quadrimensionale per cui il tempo dipende dal luogo dove ci si trova. Perciò, all’universo newtoniano concepito come entità separata e indipendente dal tempo, si contrapponeva un nuovo modello di universo quasi disseminato di una serie infinita di orologi tutti diversi tra loro e aventi ciascuno le proprie coordinate temporali. 

Semplifichiamo anche se gli esisti vanno ben oltre il buon senso comune e confermano che prodotti cinematografici come Interstellar (2014) di Christopher Nolan presentano agli spettatori scenari reali.

Per la relatività ristretta noi sappiamo che data la distanza Terra-Sole e la velocità della luce pari a trecentomila chilometri al secondo, un raggio di luce impiega 8 minuti per giungere fino a noi. Un fenomeno che noi percepiamo come immediato in realtà non lo è. 

Forziamo leggermente la questione con esempi più audaci. La stella più vicina alla Terra dopo il Sole è Alpha Centauri che dista 4 anni luce da noi. Ciò che significa? Che se su Alpha Centauri ci fosse una forma di vita e puntasse un telescopio sulla Terra, vedrebbe la Terra nel 2016 e non nel 2020.

E ancora più estremo è l’esempio di Sirio, cinquecento anni luce dalla Terra. Se Sirio fosse abitata nei dintorni, un extraterrestre non vedrebbe la Terra dei giorni d’oggi ma magari assisterebbe al viaggio di Colombo con le tre caravelle in direzione delle Indie. Incredibile ma vero. La relatività funziona così.

E=MC2

La seconda innovazione, argomento del quarto articolo del 1905 fu la formulazione della ben nota equazione di Einstein: e=mc2,  formula che spiega come l’energia sia uguale alla massa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce sancendo un’identità tra massa ed energia.

Mancava solo un piccolo tassello per completare il mosaico. Einstein voleva estendere la relatività a tutti i sistemi di riferimento, compresi quelli che si muovevano di moto accelerato e fu nel 1907 che il suo grande genio arrivò a un’altra sbalorditiva unificazione, quella tra gravità e accelerazione, definendo tra l’altro la gravitazione, aspetto quest’ultimo che le equazioni di Newton a suo tempo non definivano. Le sue equazioni spiegavano la gravitazione ma non la definivano. Fu Einstein che, attraverso l’applicazione della geometria riemanniana,   per la prima volta ipotizzò che un corpo dotato di massa, curva lo spazio tempo in modo da rendere possibile la gravitazione. Il sole ad esempio ha una massa così grande da curvare lo spazio-tempo e forzare i pianeti a ruotargli incontro descrivendo orbite ellittiche. La stessa luce secondo Einstein era soggetta a deflessione risentendo della curvatura spazio temporale.

La conferma della tesi non tardò ad arrivare.  Nel 1919, l’astrofisico inglese Arthur Stanley Eddington, durante una spedizione in Africa, ebbe modo di studiare un’eclissi anulare di sole che confermava la deflessione della luce da parte delle stelle vicine al sole e provava dunque che Einstein aveva assolutamente ragione. 

Parallelamente al successo di Einstein, nella storia della scienza fa ingresso anche la meccanica dei quanti, fondata da Max Planck ma interamente sviluppata dai fisici posteriori. Planck attraverso la sua equazione E=hv aveva basilarmente spiegato la radiazione di un corpo nero interpretandone lo spettro e giungendo alla conclusione che le particelle elettromagnetiche viaggiassero a pacchetti o quanti di luce (fotoni) e che la luce avesse eccezionalmente una doppia natura di onda e particella. 

Era l’inizio della meccanica quantistica ma anche il riproporsi di un antico dualismo filosofico tra il continuo (Parmenide) e il discreto (Democrito). Due teorie fisiche che per quanto diverse spiegano il reale sebbene il mondo delle particelle risponda a leggi peculiari e talvolta “inquietanti” come il famoso entanglement quantistico che aveva catturato l’attenzione dello stesso Einstein. La teoria della relatività non consente simultaneità di fenomeni ma con l’entanglement o correlazione quantistica effettivamente il dubbio sorge.  

L’entanglement quantistico è un fenomeno di correlazione quantica per cui in determinate condizioni lo stato quantico 1 di un sistema fisico non consente una sua descrizione singolarmente, ma solo in termini di sovrapposizione di più sistemi, per cui la misura di un’osservabile di un sistema determina simultaneamente il valore degli altri.

In virtù di tale correlazione, in termini brutali, se separo due particelle dal sistema di riferimento, anche a grandi distanze, l’una influenza l’altra istantaneamente e il valore globale iniziale rimane inalterato. Einstein del resto non negava l’entanglement ma era fermamente convinto che la meccanica quantistica mancasse di una base teorica adeguata capace di creare una teoria unificata di campo che fosse in grado di integrare relatività e meccanica quantistica, ovvero gravitazione ed elettromagnetismo. 

Einstein si dedicò all’unificazione di campo dal 1917 al 1955 polemizzando spesso e volentieri con colleghi del calibro di Heisenberger e Bohr senza però riuscire ad arrivare ad un’unica teoria che ancora è in attesa del genio risolutore. Certo è che se le due teorie venissero realmente unificate, come sostiene David Gross, si aprirebbero davvero per la fisica orizzonti così inediti da sembrare più fantascientifici che scientifici.

Note

1 Ricordiamo che In meccanica quantistica lo stato quantico è sempre da intendersi come rappresentazione matematica di un sistema fisico.

Bibliografia

  • A.D. Aczel, L’equazione di Dio. Einstein, la relatività e l’universo in espansione, Miliano, Il Saggiatore, 2017
  • _  Entanglement. Il più grande mistero della fisica, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2004.
  • G. C. Ghirardi, Un’occhiata alle carte di Dio, Milano, Il Saggiatore. 1997. 
  • D. Z. Albert, Meccanica quantistica e senso comune, Milano, Adelphi, 1992.

Raccolte

  • D. Gross, Unified Theories of Everything, in Lezioni di premi nobel, a cura di Antonio Gargano, IISF, Quaderni del trentennale 1975-2005, pp. 63-83.

Per gli scritti di Einstein del 1905 si rimanda a:

  • A. Einstein, Über einen die Erzeugung und Verwandlung des Lichtes betreffenden heuristischen Gesichtspunkt in Annalen der Physik, 17, nº 132-148.
  • Über die von der molekularkinetischen Theorie der Wärme geforderte Bewegung von in ruhenden Flüssigkeiten suspendierten Teilchen in Annalen der Physik, 17, 549–560.
  • Zur Elektrodynamik bewegter Körper in Annalen der Physik, 17, 891–921. 
  • Ist die Trägheit eines Körpers von seinem Energieinhalt abhängig in Annalen der Physik, 18, 639–641.

Per la pubblicazione di Arthur Stanley Eddington si rimanda a

  • A. S. Eddington, Report on The Relativity Theory of Gravitation, Montréal, Québec, Canada,Minkowski Institute Press, 2014

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Chiara Bellucci

Humanities – Divulgazione digitale nasce da un’idea di Chiara Bellucci, Dottorato di ricerca in Scienze Umanistiche con valutazione finale: ottimo. Completano il profilo professionale i 24 CFU richiesti per l’insegnamento di cui 12 crediti formativi conseguiti presso l’Università Telematica Internazionale Uninettuno: – Psicotecnologie: 6 crediti (Votazione 30 ) – Metodi della ricerca sulla comunicazione 6 crediti (Votazione: 30 e Lode)

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