Festa dei nonni, alcune poesie scelte per voi

Molti grandi autori hanno rivolto un pensiero ai loro nonni, Pascoli, D’annunzio e anche Bukowski.

Festa dei nonni, in inglese Grandparents Day, un po’ di storia

Nel 1969, Russell Capper, un bambino di nove anni, inviò al presidente Nixon una lettera in cui suggeriva di riservare un giorno per celebrare i nonni. Il 12 giugno 1969 ricevette una lettera di risposta da Rose Mary Woods. Segretaria personale del presidente, in cui si leggeva: “Caro Russell, grazie per la tua lettera al presidente Nixon. Il tuo suggerimento in merito a una festa dei nonni è apprezzato. Ma il presidente di solito emette proclami che designano periodi di osservanza speciale solo quando una risoluzione del Congresso lo autorizza a farlo. Con i migliori auguri, sinceramente, Rose Mary Woods, segretario personale del presidente.

A seguito di questa lettera, Marian McQuade è stata riconosciuta a livello nazionale dal Senato degli Stati Uniti e dal presidente Jimmy Carter come la fondatrice della Giornata nazionale dei nonni. McQuade voleva educare i giovani sull’importanza degli anziani e sui contributi che hanno dato nel corso della storia. Ha esortato i giovani ad “adottare” un nonno e ad imparare di più sulle loro vite, sfide e desideri per il futuro.

Nel 1977, il senatore Randolph, con l’aiuto di altri senatori, presentò una risoluzione congiunta al senato chiedendo al presidente di “emettere ogni anno un proclama che designa la prima domenica di settembre dopo la festa del lavoro di ogni anno come” Giornata nazionale dei nonni “”. Il Congresso ha approvato la legge, proclamando la prima domenica dopo la festa del lavoro come festa nazionale dei nonni. Il 3 agosto 1978 Jimmy Carter firmò la proclamazione e il giorno fu finalmente celebrato l’anno successivo.

In Italia la Festa dei nonni è celebrata sempre il 2 ottobre, come dispone la legge n. 159 del 31 luglio 2005.

Festa dei nonni, alcune poesie scelte per voi

Tratta dai Canti di Castelvecchio questa poesia di Giovanni Pascoli si intitola semplicemente La nonna

Tra tutti quei riccioli al vento,
tra tutti quei biondi corimbi,
sembrava, quel capo d’argento,
dicesse col tremito, bimbi,
sì… piccoli, sì…

E i bimbi cercavano in festa,
talora, con grido giulivo,
le tremule mani e la testa
che avevano solo di vivo
quel povero sì.

Sì, solo; sì, sempre, dal canto
del fuoco, dall’umile trono;
sì, per ogni scoppio di pianto,
per ogni preghiera: perdono,
sì… voglio, sì… sì!

Sì, pure al lettino del bimbo
malato… La Morte guardava,
La Morte presente in un nimbo…
La tremula testa dell’ava
diceva sì! sì!

Sì, sempre; sì, solo; le notti
lunghissime, altissime! Nera
moveva, ai lamenti interrotti,
la Morte da un angolo… C’era
quel tremulo sì,

quel sì, presso il letto… E sì, prese
la nonna, la prese, lasciandole
vivere il bimbo. Si tese
quel capo in un brivido blando,
nell’ultimo sì.

Anche Gabriele D’Annunzio ha una poesia con lo stesso titolo di quella del Pascoli

D’inverno ti mettevi una cuffietta
coi nastri bianchi come il tuo visino,
e facevi ogni sera la calzetta,
seduta al lume accanto al tavolino.
lo imparavo la Storia Sacra in fretta
e poi m’accoccolavo a te vicino,
per sentir narrar la favoletta
del Drago azzurro e del Guerrin Meschino.
E quando il sonno proprio mi vincea
m’accompagnavi fino alla mia stanza,
e m’addormivi al suono dei tuoi baci.
Allora agli occhi chiusi m’arridea
in mezzo ai fiori, una gioconda danza
di fantasime splendide e fugaci.

Evviva i nonni è una poesia/filastrocca di Ileana M. Beretta Tavernelli:

Oh, che gioia sono i nonni,
per nipoti e nipotini:
ti concedono di tutto
sono proprio birichini.
La focaccia a mezzogiorno,
le giostrine quando piove,
basta fargli un sorrisino
che la nonna si commuove!
Non parliamo poi del nonno,
che fa il fino comandone,
mi fa credere d’essere un duro
ma è un grande tenerone.
I miei nonni son tremendi,
ma mi piacciono perché
sono bravi, buoni e belli
e non pensano che a me.

Nella sua opera I sonetti del ritorno Guido Gozzano dedica una poesia al nonno.

Nonno, l’argento della tua canizie
rifulge nella luce dei sentieri:
passi tra i fichi, tra i susini e i peri
con nelle mani un cesto di primizie:
«Le piogge di Settembre già propizie
gonfian sul ramo fichi bianchi e neri,
susine claudie… A chi lavori e speri
Gesù concede tutte le delizie!»
Dopo vent’anni, oggi, nel salotto
rivivo col profumo di mentastro
e di cotogna tutto ciò che fu.
Mi specchio ancora nello specchio rotto,
rivedo i finti frutti d’alabastro…
Ma tu sei morto e non c’è più Gesù.

Charles Bukowski. Una poesia molto diversa dalle precedenti, ma, forse, molto più rispondente alla realtà. Il titolo del componimento è da qualche parte in Texas

seduto in una grande casa di campagna con nonna
e nonno (non miei) e la nonna
mi dice che soffre di «terribili emicranie» e non
sa che fare.
io so che lei proprio adesso ne ha una e il motivo è
che sono lì a casa sua.
il nonno mi chiede se voglio bere e gli
dico di sì e mi versa un whiskey con
acqua
e mia moglie esce e dice, «non farlo cominciare
troppo presto, se no poi sono guai».
butto giù il whiskey, guardo il nonno, chiedo,
«che ne dici di un altro come questo?»
mia moglie se ne va.
il pomeriggio si assottiglia mentre bevo con il nonnino
e poi lui si addormenta sulla sedia e io me ne verso altri.
sto qui con il sole che mi tramonta negli occhi e mi
piace.
dopo un po’ vado nel cortile e c’è un
indiano.
mi siedo per terra e lo guardo costruire una
stia per polli.
dopo un po’ gli chiedo, «vuoi bere?»
e lui mi dice di no.
che tizio moscio.
ritorno in casa.
il nonno è addormentato.
la nonna ha sempre l’emicrania.
cammino per casa.
vado in camera da letto.
e lì c’è mia moglie.
«brutto figlio di puttana,» mi dice.
«certo,» le dico.
mi sbatto sul letto, guardo il
soffitto.
con le crepe immagino un angelo, una capra e un
leone.
mia moglie esce dalla stanza.
mi chiedo quanto paghino l’indiano.
non molto: una stanza, vitto, un pitale per
pisciare.
decido di dormire.
magari più tardi stasera le cose sembreranno
migliori.


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Redazione

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