Intervista alla scrittrice Tiziana Lilò.

In occasione dell’uscita del suo libro “ Diario di un cervello in fuga nel XXI secolo” abbiamo incontrato l’autrice Tiziana Lilò per parlare del suo romanzo e di altri temi interessanti.

Cara Tiziana, benvenuto su Cultura & Società, ti ringraziamo per averci dato la possibilità di conoscerti, prima di iniziare l’intervista parlaci unpo’ di te, raccontaci qualcosa della tua vita così da poterti presentareanche ai nostri lettori.

Intervista alla scrittrice Tiziana Lilò.

Buongiorno Cultura e Società. Innanzitutto ci tengo a ringraziarvi perquesta fantastica opportunità di parlare con voi e con i vostri lettori del mio libro. Mi presento: sono Tiziana Lilò (nata Mastrolillo), classe 1980. Sono un’eterna viaggiatrice in quanto è per me linfa vitale scoprire quanto di magnifico esiste sul nostro pianeta e adoro rapportarmi con culture differenti dalla mia. Per questo ci tengo a ringraziare i miei genitori perché sono loro che mi hanno portata a viaggiare per il mondo, sin da quando ero una bambina, il più bel regalo, a mio avviso, che un genitore possa fare al proprio figlio. La mia vita è caratterizzata, oltre che dai viaggi, da una laurea di tipo tecnico che mi ha permesso di trovare un lavoro stabile, ma che non mi soddisfa appieno. Sono una persona creativa e per questo sento il bisogno di avere sempre nuovi stimoli, qualche nuova idea che ronza in testa… altrimenti rischio di annoiarmi. Insomma: devo essere sempre “su di giri”! Sono sposata con Damiano, il mio compagno di viaggio durante l’avventura da emigrati in Inghilterra (che ha permesso al libro “Diario di un cervello in fuga nel XXI Secolo” di prendere forma) e abbiamo due cagnoline che amiamo alla follia: Memole e Creamy (ho sempre assegnato nomi di cartoni animati agli animali che ho avuto). Adoro gli Stati Uniti e quando posso permettermelo ci vado in vacanza.  Non so cucinare (d’altronde a casa ci pensava sempre papà), ma adoro preparare dolci. Sogno, un giorno, di aprire una piccola sala da thè, dove mi diletterei a sfornare cupcake dai mille colori, rendendo felici le persone.

Dalla tua biografia apprendiamo che, lo diciamo con parole tue,  “Tiziana e il boyfriend Damiano raggiungono l’obiettivo di partire per l’estero, alla ricerca di un luogo dove vivere in condizioni migliori rispetto a quelli che l’Italia offre”. Cosa non funziona qui da noi, perché sempre più persone sentono il bisogno di lasciare l’Italia?

Il libro da me scritto parla, appunto, del tentativo di emigrare, nell’anno 2008. Un tema tuttora attualissimo, anche se forse oggi si sente molto più parlare di chi vuole arrivare nel nostro Paese…Nel mio caso, la motivazione che mi aveva spinta a compiere questo viaggio era principalmente dovuta a una necessità personale. Avevo già avuto un’esperienza di vita all’estero pochi anni prima, quando ero partita per l’America a lavorare come ragazza au-pair, ma a seguito della separazione dei miei genitori (una vera doccia fredda) ero rientrata in Italia anzitempo. Dentro di me cresceva questo desiderio impellente di ripartire, di andare lontano, di crearmi un futuro in una realtà differente da quella dove avevo vissuto finora, senza aiuti da parte di nessuno, solo con le mie forze. La conoscenza di Damiano, al quale avevo raccontato questo mio desiderio, ha permesso di partire insieme poiché lui svolgeva un lavoro che non lo soddisfaceva. Il suo stipendio era più alto rispetto al minimo sindacale essendo frontaliere svizzero, ma era un lavoro che lo obbligava a stare giornate intere chiuso in una galleria. Insomma, una vitaccia. Ad ogni modo, un altro fattore per il quale non vedevamo il nostro futuro in Italia era l’esasperazione del nostro sistema politico. Noi che vivevamo vicini alla Svizzera ce ne rendevamo conto ogni giorno. Come attraversavamo il confine, bastava guardare la manutenzione che vigeva alle strade per farci rendere conto che lì le cose funzionavano perché il sistema non era marcio come da noi. Purtroppo oggi è ancora così. Qui in Italia, perlomeno nel mio contesto lavorativo, la meritocrazia non si sa ancora bene cosa sia, e si fa fatica ad emergere (se non si hanno le giuste e opportune conoscenza). Si danno stipendi da capogiro a certe figure professionali che fanno solo “show”, quando dobbiamo ringraziare i volontari che aderiscono ad organizzazioni tipo la Protezione Civile per soccombere alle vere problematiche che talvolta ci investono nella vita. Queste cose mi fanno arrabbiare, non dovrebbe funzionare in questo modo visto e considerato che siamo un Paese che ha tutto, che potrebbe vivere degnamente, ma non ci riesce. Ci sono troppi fronti che andrebbero completamente revisionati. Senza stare a guardare il colore del partito, ma il bene comune, il bene del Paese.

Sei una viaggiatrice, ti va di condividere con noi un momento dei tuoi viaggi, un aneddoto che puoi raccontarci?

Nonostante abbia una laurea in Pianificazione del territorio, non amo programmare con troppo anticipo i miei viaggi (vi dico solo che abbiamo organizzato il nostro matrimonio in tre mesi, dopo la fatidica proposta. Questo per farvi capire che l’attesa mi esaspera quindi opto principalmente per viaggi last second). Per me è fondamentale avere sempre il passaporto valido, così da non avere alcun limite di frontiera da esplorare. E quando sono libera da impegni, prenoto il primo volo e via! Come dicevo prima, sono un’amante dell’America, pertanto i viaggi verso quelle destinazioni hanno un valore aggiunto. In particolare ho scoperto essere una fervida sostenitrice dei viaggi on the road, calandomi appieno nelle usanze del posto che visito, e uno dei miei preferiti è stato quello in Florida. Abbiamo dormito in quei motel fatiscenti lungo quelle strade immense che si vedono nei film. E abbiamo avuto la “fortuna” di essere svegliati nel pieno della notte da una coppia di piccoli roditori che viaggiavano sul nostro comodino. Forse non è stata una delle nostre esperienze migliori, ma ricordandola ci fa ancora tanto sorridere!

In questo periodo abbiamo fatto a tutti gli autori una domanda sulla pandemia e sulla quarantena. Come hai vissuto questa storia, qual è il tuo pensiero riguardo a quello che ci è successo?

Sono obiettiva, e il fatto di avere un lavoro che è potuto proseguire in tempo di lock-down senza crearmi problemi economici, mi ha permesso di vivere la quarantena più serenamente, facendomi vedere il “bicchiere mezzo pieno” avendo avuto maggior tempo per portare a termine quelle cose che solitamente non riesco a fare (proprio per mancanza di tempo!) tra cui la stesura definitiva del mio libro. Certo mi è dispiaciuto non aver potuto frequentare i miei famigliari e i miei amici, ma grazie alla tecnologia anche le distanze erano ridotte. Sicuramente è stata una situazione che mai avrei immaginato di vivere nella vita. Poi in internet, proprio in quel periodo, ho visto la menzione del libro Profezie edito nel 2004 e che presagiva questa pandemia. Sinceramente? Mi sono venuti i brividi. Di conseguenza mi sono domandata se fosse davvero reale, se fosse voluta appositamente per un obiettivo e se si sarebbe potuta evitare o quantomeno curare nell’immediato. Non sono riuscita a darmi completamente delle risposte anche perché la mia vena cinica mi fa credere che i potenti che governano il mondo non ci permetterebbero di saperle. Non vi nego che un po’ mi preoccupa il fatto che si possa ripresentare questo autunno. Mi auguro che non sia così, e per questo prego che qualcuno lassù ci protegga.

Cosa provi quando scrivi? Proviamo a far entrare i nostri lettori nel tuo momento creativo per scoprire le emozioni che vivi in quei momenti.

Premetto che non mi considero una scrittrice, bensì un’aspirante scrittrice. Prendo molto spunto da quello che leggo, e se trovo uno stile nel quale mi rispecchio cerco di coglierne le sfumature per trasmetterle nei miei scritti. Sono molto stimolata da tutto ciò che mi circonda e, in primis, dai miei viaggi. Nonostante ciò, dentro di me ho fiumi di parole che talvolta fanno fatica a prendere forma. Ma in quei momenti in cui sono sola, senza impegni e in assoluto silenzio, eccole uscire prepotentemente dando così sfogo alla mia creatività. E lì, potrei andare avanti per ore. Quella però è solo la punta dell’iceberg. Infatti, scrivendo il mio primo libro ho imparato che una volta che hai posto la parola “fine” in fondo al libro, ecco che lì inizia dell’altro lavoro. Perché non ti accontenti mai di quello che hai scritto (perlomeno, questo è quello che capita a me). Così revisioni e rileggi e correggi il tutto, per poi revisionarlo e rileggerlo e correggerlo di nuovo. Ed ogni volta trovo qualche frase che avrei potuto scrivere diversamente. Finché non mi impongo di smetterla.

 Secondo te esiste un modo, un segreto, per conquistare un lettore?

Molto dipende dal genere di manoscritto e dalla storia che si racconta. Sicuramente è importante dargli l’opportunità di “calarsi” nel personaggio, a 360°. Insomma, farlo sentire vivo, partecipe, quasi come se fosse accanto ai soggetti di cui sta leggendo. Nel mio caso, era inevitabile. Forse ho peccato in questo, poiché il libro in alcuni punti è molto descrittivo, ma era importante trasmettere quelle stesse sensazioni, come le ho vissute sulla mia pelle, in prima persona, sempre accompagnate da una nota di divertimento. Io d’altronde sono così, non sarebbe potuto venire fuori un diario diverso.

Eccoci finalmente arrivati a parlare del tuo primo romanzo: Diario di un cervello in fuga nel XXI secolo. Prenditi tutto il tempo che vuoi per presentarcelo usando le parole secondo te più adatte.

Questo progetto è nato strada facendo. Quando sono partita per l’Inghilterra non avevo certo intenzione di scrivere un libro, ma giorno dopo giorno, affrontando le varie esperienze (come ad esempio la ricerca di un alloggio, la ricerca di un lavoro, o l’andare al college per migliorare la lingua) mi rendevo conto che sarebbe stato utile spiegare a coloro che in futuro avessero voluto intraprendere un’esperienza come la nostra i passaggi fondamentali che si sarebbero trovati ad affrontare. Quindi, almeno inizialmente, nasce come una sorta di guida per elargire informazioni di carattere pratico/burocratico, necessarie per poter vivere in quel Paese, affrontando il tema dell’emigrazione (un argomento sicuramente delicato e spinoso) e dimostrando talvolta quanto sia umiliante nonché doloroso esser costretti ad espatriare per tentare fortuna. Nonostante si tratti di argomenti che fanno riflettere, il filo conduttore delle vicissitudini affrontate è l’ironia. Come quando alloggiavamo ancora al B&B e, una sera, abbiamo acquistato una pizza da asporto in un locale che non rispecchiava esattamente i canoni di igiene. Ma fiduciosi del nostro sistema di anticorpi, ci siamo portati in camera una margherita fumante e così facendo siamo riusciti anche a scaldare un po’ l’ambiente (considerato che la stanza era anche fredda). Si tratta di un diario autentico e sincero, scritto in prima persona e dal quale si apprende molto sulla vita oltremanica, sulle persone incontrate nel nostro cammino, sui luoghi visitati. La reputo una lettura leggera, reale, perché racconta due giovani emigrati per quello che sono, senza filtri, scritta principalmente per far sorridere. Inoltre è caratterizzato dall’avere i titoli dei capitoli quali stralci di testi delle canzoni di Luciano Ligabue. Perché ogni viaggio che si rispetti deve essere accompagnato da bella musica. Nel mio libro, ci sarà il mitico Luciano a fare da sottofondo.

Ligabue, questa domanda era inevitabile, perché hai scelto di usare le sue parole nei titoli dei capitoli del tuo libro?

Considero Luciano Ligabue un grandissimo artista italiano, nonché il mio preferito poiché ha sempre avuto dei valori che ha rispettato ed è rimasto umile nonostante il successo (una dote che apprezzo tantissimo nelle persone). Ho imparato a conoscerlo e ad apprezzarlo grazie a una mia carissima compagna del liceo che è mancata prematuramente. Ci tenevo a inserire, in una qualche maniera, anche lei nel libro. Nei momenti più cupi di alcune giornate vissute durante quell’avventura all’estero, ascoltavo Ligabue e le sue canzoni mi rasserenavano. Inoltre molte sensazioni ed esperienze affrontate, le ritrovavo scritte nei suoi testi: coincidenze divine.

Qual è, secondo te, il genere di pubblico che potrebbe interessarsi di più al tuo romanzo?

Penso principalmente le donne, di tutte le età, perché in quelle pagine ci sono io così come sono. Con le mie certezze, ma anche con le mie (tante) insicurezze. Insomma, una ragazza che vuole scoprire il mondo e che per raggiungere il suo sogno abbandona tutto e tutti (a parte il fidanzato che l’ha seguita -per fortuna!-). Quindi si potrebbero rispecchiare in quelle vicende così autentiche, come per esempio dove racconto che un’amica mi fa notare che il mio sedere è “bigger”, ossia più grosso e la depressione ha iniziato a impossessarsi di me sentendomi come se tutti stessero continuamente a guardare il mio posteriore, e a commentarlo malignamente.

C’è un autore che consideri il tuo maestro, un grande della letteratura mondiale che in qualche modo ti ha fatto da guida?

Certamente! La Madeleine Wickham, meglio conosciuta con il suo pseudonimo Sophie Kinsella (autrice di tutti i romanzi della serie “I Love Shopping”). Devo ringraziare lei se il mio libro ha quell’impronta umoristica. Ciò è dovuto al fatto che in alcune situazioni della mia vita mi sento (perché mi comporto, senza rendermene conto) proprio come la sua Becky, pertanto la correlazione era inevitabile. Per esempio, nel libro racconto una vicenda dove mi presento per un book fotografico scoperto per caso e che permetteva di vincere un contratto da fotomodella, ma solo dopo essermi fatta fotografare ho intravisto il riflesso del mio look trasandato che mi ha fatto rabbrividire considerato che ero ancora vestita con la mise da cameriera, con una macchia di latte sulla camicia, ciuffi di capelli svolazzanti e della spolverata di fard del mattino neanche più l’ombra, a differenza delle occhiaie che si vedevano benissimo. E per consolarmi della figura fatta, mi ero poi abbuffata da Mc Donald’s. Una dinamica un po’ alla Becky!

Ultima domanda prima di salutarti e ringraziarti. Ti chiediamo una cosa semplicissima, consiglia ai nostri lettori un libro che non sia il tuo, uno soltanto.

Quello che ho in mente di leggere anch’io: Love your life (di Sophie Kinsella). Ma dovremo attendere ancora un pochino.

Un libro moderno, un po’ diario, un po’ romanzo, un po’ “manuale” di sopravvivenza per i tanti “cervelli in fuga” dal nostro Paese. Una lettura che vi consigliamo vivamente.

Potete acquistare il libro di Tiziana direttamente da qui.

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