La Gioconda di Madrid: La gemella più preziosa.

La Gioconda di Madrid: La gemella più preziosa. La Gioconda è il quadro più replicato al mondo ma definire “La Gioconda del Prado” come una “copia” significa mancare di rispetto a un’opera ricca di storia

Che si trattasse della replica più antica gli storici dell’arte rinascimentale ne erano già a conoscenza ma quanto emerso durante una restaurazione nel 2010 ha del sensazionale: le due opere sono state dipinte nello stesso periodo e nelle stesso laboratorio, quello di Leonardo. A dipingere La Gioconda di Madrid fu uno dei pittori più vicini al Maestro, un suo allievo. In seguito a questa scoperta gli storici sono andati in visibilio e hanno cominciato a cercare sul quadro segni evidenti dell’intervento di Leonardo stesso. Purtroppo sono giunti alla conclusione, o meglio si sono sentiti di escludere, che Da Vinci sia intervenuto “manualmente” sull’opera. Sono stati abbastanza concordi nel decidere però sulla “contemporaneità” e quindi che il quadro esposto al Prado di Madrid potrebbe, il condizionale è comunque un obbligo in questo caso, essere stato in un certo senso dipinto sotto la sua supervisione.

La gioconda di Madrid

L’allievo che realizzò l’opera, nonostante non abbia raggiunto la qualità del suo maestro, modificò il quadro nello stesso modo come lo modificò Leonardo, e la copia risultante è sostanzialmente un dipinto del tutto simile, forse realizzato guardando addirittura la modella “Monna Lisa” contemporaneamente a Leonardo stesso.

Le differenze fra i due ritratti sono figlie soprattutto della storia del quadro di Leonardo, che non terminò mai l’opera e la modificò sino alla sua morte, avvenuta oltre 15/16 anni dopo le prime pennellate della Gioconda. Leonardo tolse le sopracciglia in seguito a ripensamenti, così come le fossette nelle guance, due elementi che però sono ancora ben visibili nel quadro di Madrid (le fossette molto poco, mentre le sopracciglia sono molto evidenti)

Il primo riferimento alla Monna Lisa spagnola risale  a quando fu fatto l’inventario  del Real Alcázar di Madrid, nel 1666 dopo la morte di Filippo IV . Di come l’opera sia arrivata fin lì non c’è certezza storica, l’ipotesi più plausibile è che sia stata portata in Spagna dallo scultore Pompeo Leoni che era in possesso, non si sa a che titolo, di preziose opere provenienti dal laboratorio di Leonardo. Non ci sono prove storiche a sostegno di questa tesi, l’unica cosa che possiamo accertare grazie alle cronache è che la Monna Lisa2 è sempre stata al Prado fin dall’apertura del museo, nel 1819.

Insomma, a qualche politico italiano  potrebbe anche venire in mente di andare a Madrid e urlare in piazza “ridateci l’altra Gioconda!”

Speriamo di non doverlo raccontare mai…

Ma adesso passiamo alla domanda che sicuramente ci siamo fatti sin dall’inizio…chi l’ha dipinta?

Non si sa con certezza ma tuttavia, trattandosi di un allievo molto vicino a Leonardo, qualche nome è venuto fuori: Fernando Yáñez de la Almedina e Fernando de los Llanos, due dei discepoli spagnoli di Leonardo.

Soprattutto però sono stati fatti i nomi di Francesco Melzi (pupillo del Da Vinci) e del Salaì.

Il Salaì

Il Salaì…è proprio a lui che ci sentiamo di dedicare due righe di presentazione. Gian Giacomo Caprotti detto il Salaì, da saladino, ovvero diavolo, feroce.

Il suo ingresso nella bottega milanese del Maestro, avvenuto il 22 Luglio 1490 ci viene raccontato dallo stesso Leonardo nei suoi appunti “Giacomo venne a stare con meco il dì della Madonna del 1490, d’età d’anni 10”

Nello stesso taccuino si trovano altre annotazioni fatte di propria mano da Leonardo che ci dicono molto su chi era il Salaì “Il secondo dì gli feci tagliare due camicie, un paro di calze e un giubbone, e quando mi posi i dinari a lato per pagare dette cose, lui mi rubò detti dinari della scarsella, e mai fu possibile farglielo confessare, bench’io n’avessi vera certezza – lire 4”. Tempo dopo, a margine dell’appunto, il Maestro aggiunse: “ladro, bugiardo, ostinato, ghiotto”

Insomma, su quel quaderno Leonardo annotava tutte le malefatte del suo garzone.

Con il tempo però il Salaì divenne l’allievo prediletto, l’uomo più vicino e forse anche l’amante di Leonardo Da Vinci.

Giorgio Vasari, nella prima edizione della sua opere “Le Vite” la più autorevole raccolta di biografie degli artisti tra il Medioevo e il Rinascimento, parla del Salaì  citandolo come il solo allievo del Maestro.

Secondo alcune teorie sarebbe il suo e non quello di Lisa Gherardini il volto raffigurato nella Gioconda e le famose L e S che si troverebbero negli occhi della Monna Lisa altro non sarebbero che le iniziali di Leonardo e Salaì.

Teorie queste che non hanno mai riscontrato il favore del mondo accademico. Più concordanti invece le opinioni che vorrebbero il Salaì raffigurato nel San Giovanni dell’Ultima Cena.

Morì il 19 gennaio del 1524 a causa di un colpo di fucile, c’è chi dice per imperizia nel maneggiare l’arma, altri che la fucilata se la prese nel corso di una rissa.

Sarà per quel mistero che avvolge l’arte o per quell’innato senso di romantico che abbiano dentro ma a noi piace pensare che La Gioconda di Madrid o “La Gioconda del Prado” l’abbia dipinta proprio lui, vicino al suo Maestro.

Condividi

Redazione

La nostra redazione comprende vari articolisti che imparerete a conoscere di volta in volta leggendo post specifici. Il lavoro di "squadra" rimane identificato come redazione