Le Bureau-Sotto copertura. Tra le migliori serie su Amazon

Recensione senza dubbio positiva per questa serie francese che riesce a essere credibile e avvincente senza perdere la sobrietà.

Le Bureau è senz’altro una delle migliori serie presenti oggi nel catalogo di Amazon Prime. Siamo lontani dalle serie TV di spionaggio a cui siamo abituati. Qui i ritmi sono lenti, piacevoli ma non mancano i colpi di scena.

Guillaume Debailly (Mathieu Kassovitz) è seduto nella sala conferenze. Racconta al suo staff dell’operazione in corso. L’intera squadra gradualmente si riunisce e ascolta. Appartengono all’“ufficio delle leggende”, un servizio (immaginario) della Direzione generale della sicurezza esterna (DGSE), il servizio segreto francese che si occupa delle operazioni all’estero.

Questa scena indica il punto principale della serie di Eric Rochant: come le spie raccontano il mondo. Il regista è sempre stato affascinato dal mondo delle spie, da I patrioti (1994) a Möbius (2013). Nel corso di tre stagioni, seguiamo le peregrinazioni di diversi agenti “sotto copertura”, con una biografia inventata ma nel modo più credibile possibile che consentirà all’agente di integrarsi perfettamente nel tessuto sociale del paese straniero in cui andrà in missione.

Le serie TV sulle spie non mancano ma per i francesi si tratta quasi di un debutto. Bureau è ben lontano dai canoni Hollywoodiani odierni dove tutto è ostentazione, tripudio di tecnologia e velocità. Il tono è realistico: le scrivanie non hanno nulla di particolare, la tecnologia è sobria e funzionale al lavoro nel lavoro. Sembra quasi un servizio segreto “antiquato”, come nei romanzi di John le Carré. Questa preoccupazione per la normalità si riflette nel ritmo lento della preparazione, nelle aspettative, nelle routine che evitano lo slittamento, consentono alle persone comuni di superare situazioni straordinarie. In breve, il formato seriale serve esattamente allo scopo.

Così come lo showrunner (“autore-produttore”) utilizza gli effetti della realtà consistenti nel rendere poroso il confine tra la serie e il mondo reale: la sceneggiatura cerca di essere in contatto diretto con l’attualità, dalla Siria di Bashar el-Assad al programma nucleare iraniano, comprese le reti terroristiche. Si sente parlare l’arabo, il farsi, l’inglese… L’effetto della realtà è dovuto anche alla questione politica dell’intelligence. Il microcosmo degli agenti non deve ingannarci: da un lato, si confrontano con gli stessi problemi di tutti gli altri agendo in un mondo multiculturale e globalizzato; dall’altro la concorrenza generalizzata e l’estensione del campo delle tecnologie della comunicazione ci rendono, volens nolens, agenti dell’intelligence.

Poche ideologie motivano gli agenti, se non quella di un leggero e discusso patriottismo, di un vago senso della cosa pubblica al servizio di una logica dei poteri dove il tradimento trova un luogo naturale e dove lo spettatore francese si interroga sul ruolo del suo paese sulla scena mondiale. Questo cinismo corrisponde all’idea che la maggior parte di noi ha di questa professione di agente dei servizi segreti e, soprattutto, serve da controcampo per far emergere ciò che realmente interessa a Rochant.

Il DGSE, come suggerisce il nome, suppone un’azione all’esterno… Tuttavia, la serie non cessa di metterci nella telecamera: uffici, nascondigli, automobili, celle, ufficio di uno psicanalista, soggiorno o camera da letto di famiglia, hotel… Queste porte chiuse materializzano il interiorità di cui parla Le bureau: quella del racconto.

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Redazione

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