L’Italia di Putin

L’Italia di Putin. Lega, Salvini e Berlusconi costringono Mario Draghi alle dimissioni, la regia del Cremlino è fin troppo evidente.

L’Italia di Putin. Siamo la nazione più filorussa dell’Occidente, lo siamo da tempo, da quando i rubli scorrevano a fiumi nelle tasche dei comunisti italiani.

Storia. Niente di più. Storia ampiamente documentata. Sui fondi russi al Partito Comunista italiano esistono enciclopedie di documenti. Iniziò Lenin nel 1919 (il Pci non era ancora nato, ma già i soldi arrivavano a Gramsci e Togliatti) e finì con Gorbacëv nel 1990, subito dopo lo caduta dell’Unione Sovietica.

I rubli del «Fondo di assistenza» sono andati, in settant’anni, a partiti «fratelli» che accettavano di essere strumenti al servizio del progetto sovietico di comunismo mondiale. Comunisti, ma anche socialisti, come quello di Pietro Nenni, che riceveva anch’esso qualche rublo. Ovviamente anche la Cgil.

Il Pci è stato il partito che l’ha fatta da padrone nel ricevere l’oro di Mosca. Ad esso andava un terzo del budget complessivo destinato a tutti i partiti comunisti mondiali. Tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e gli anni Novanta incassò circa 1000 miliardi di vecchie lire.

L’Italia di Putin ai tempi della Lega

Storia recente sulla quale manca ancora quell’ufficialità che solo un processo penale può dare. Ma i rapporti tra la Lega e la Russia di Putin sono evidenti. Solo che alcuni fanno finta di niente. Oppure, visto il gigantesco tasso di analfabetismo funzionale che c’è nel nostro Paese, in molti leggono e non capiscono.

È il 18 ottobre 2018 quando sei uomini si riuniscono all’Hotel Metropol di Mosca. Sono tre italiani e tre russi: parlano di visioni politiche e compravendite di carburante. Il personaggio centrale è Gianluca Savoini, storico collaboratore di Matteo Salvini e presidente dell’Associazione Culturale Lombardia-Russia. Insieme a lui ci sono l’avvocato internazionalista Gianluca Meranda e il suo consulente fiscale Francesco Vannucci.

Della parte russa si conosce un solo nome, quello di Ilia Yakunin, vicino ai fedelissimi di Vladimir Putin. Secondo quanto rivelato da L’Espresso, i sei uomini starebbero intavolando una trattativa per trasformare l’accordo commerciale in un finanziamento occulto alla Lega. Lo scandalo sulla presunta trattativa esplode il 10 luglio 2019, quando sul sito americano Buzzfeed il giornalista Alberto Nardelli pubblica gli audio dell’incontro a Mosca. La procura di Milano ha aperto un’inchiesta per corruzione internazionale: Savoini, Meranda e Vannucci vengono iscritti nel registro degli indagati.
Konstantin Malofeev, oligarca russo vicinissimo a Putin disse “La Lega ha un livello socio-culturale così basso da essere penetrabile. Un terreno fertile su cui seminare”

Per chiarezza dobbiamo specificare che l’autenticità di questa frase è dubbia, non è possibile prenderla per certa, ma concordiamo sul livello socio-culturale della Lega di Salvini, ben distante da quella Lega che al nord lavora e amministra città e regioni.

Passeranno anni, ma verrà fatta luce anche su questa storia.

I rapporti tra Lega e la Russia sono così evidenti che a un certo punto è stato addirittura necessario ufficializzarli in un accordo. Di questo patto esiste persino un testo, potete visionarlo qui, sul sito dei Radicali Italiani.

Putin e il M5S

Quello tra il regime criminale di Putin e il M5S è un rapporto di cui si sa ancora poco. Anche se è sotto gli occhi di tutti il legame che intercorre. Basti pensare a Di Battista che se ne va in Russia a fare reportage per il Fango Quotidiano. Reportage in cui, nel suo italiano da ripetente di terza media, il Dibba ci racconta di quanto sia bella e ricca la Russia, ci scrive che non c’è nessuna invasione dell’Ucraina, che la colpa è della NATO e via dicendo con tutte le frasette di propaganda usate dai moltissimi putinisti italiani. Fai una cosa, pezzo di somaro, restaci in Russia!

Eppure qualcosa c’è, ne ha parlato The Vision nel febbraio di quest’anno.

Per diversificare il rischio, come in tutti gli investimenti, la Russia avrebbe cercato un contatto anche nel Movimento Cinque Stelle. La svolta sorprese un po’ tutti, perché fino al 2014 Beppe Grillo accusava Putin di essere il mandante dell’assassinio di Anna Politkovskaja paragonandolo a Mussolini e Stalin. Poi qualcosa cambiò. Nel 2016 una delegazione del M5S guidata da Alessandro Di Battista si presentò alla Duma, la camera bassa del Parlamento russo; poi partecipò, guidata dal deputato Manlio Di Stefano, al congresso del partito di Putin. Nello stesso periodo, Di Maio in televisione chiese di revocare le sanzioni alla Russia imposte al Paese dopo l’annessione della penisola di Crimea, in Ucraina.

In Russia il M5S sarebbe entrato in contatto con lo stesso Sergei Zheleznyak dell’accordo con la Lega di Salvini. Contemporaneamente le notizie delle testate Russia Today e Sputnik trovavano sempre più eco sul blog di Grillo, che intanto fu portato da Di Battista all’ambasciata russa di Roma per discutere con diplomatici e funzionari di diverso livello. Il ponte tra il M5S e l’universo russo, secondo quanto riportato da Linkiesta, divenne Antonio Fallico, ex consulente di Gazprom, amico di Marcello Dell’Utri e garante dell’amicizia tra Berlusconi e Putin. Anche il Movimento iniziò così la sua campagna filorussa, che raggiunse anche il Parlamento.

Lega e M5S hanno spesso votato in Europa in difesa di Putin e dei suoi interessi. Nel 2020 la Lega si è astenuta sulla risoluzione per non riconoscere come legittimo presidente della Bielorussa Alexander Lukashenko. Lo stesso giorno l’Europarlamento ha votato sulla questione dell’avvelenamento del leader dell’opposizione russa Alexei Navalny, per richiedere un’indagine internazionale. La Lega ha dato voto contrario, mentre il M5S si è astenuto insieme a Fratelli d’Italia.

Gli americani ci avevano avvertito

«Fate attenzione ai legami fra governo russo e M5S». Era il 2017 e questo messaggio aveva lo scopo di mettere Roma al corrente di un fenomeno più vasto: l’esteso impegno di Mosca a sostenere forze politiche intenzionate a sfidare gli establishment nazionali, con lo scopo di indebolire nel lungo periodo tanto l’Unione Europea, quanto la Nato.

Putin e Berlusconi

L'Italia di Putin

Amicizia solida, che evidentemente non si è scalfita neanche dopo la brutale aggressione ai danni dell’Ucraina. Nonostante il Cavaliere abbia provato, timidamente, a prendere le distanze dal suo fratello russo, il legame tra i due dev’essere ancora ben saldo. Era sotto gli occhi di tutti. Le vacanze insieme, gli abbracci, perfino il famoso “lettone” che Putin ha regalato a Berlusconi. Gli italiani non ci vedevano niente di male, ma con lo sguardo di oggi, dopo la caduta del governo Draghi, è facile tornare indietro con la memoria e mettere insieme i pezzi: Berlusconi è sempre stato l’avamposto di Putin in Italia. Un agente perfetto, Silvio, in grado di confondere tutti con il suo carattere istrionico e falso. “Sono solo amici” pensavamo. “Berlusconi è un europeista, sostenitore convinto del Patto Atlantico. Ci sbagliavamo. Berlusconi pur di accontentare Mosca ha di fatto ucciso Forza Italia che sta perdendo i suoi pezzi più rappresentativi come Mara Carfagna, Brunetta e la Gelmini. Ha ammazzato la sua creatura. Offerta in sacrificio. E se vi sembra poco allora state dormendo.

Putin ordina di far cadere Draghi

Con Draghi a capo del governo italiano le cose per Mosca si sono da subito messe male. Già, Draghi, chi e? Per quasi tutti è solo il banchiere, il signore che dirigeva la Banca Centrale Europea. Fate i seri, quando firmi sulle banconote, sugli Euro, non sei solo un banchiere, sei il nome che unisce l’Europa, sei la Comunità Europea. Metti la firma sullo strumento che più di ogni altra cosa rappresenta l’idea di Unione: una moneta uguale per tutti.

Draghi, pilastro dell’Europa e dell’atlantismo. Poteva andare bene uno così a Mosca? no! Mario Draghi era, è forse in altre vesti lo sarà ancora, uno dei nemici più potenti e pericolosi del Cremlino.
Andava rimosso.

Si racconta che il governo sia caduto per irresponsabilità, per bizze personali di Conte, per le sgrammaticure solite di Salvini, per l’inadeguatezza di una classe politica imbarazzante.

Che i nostri politici siano immaturi, irresponsabili e inadeguati è vero, ma lo sono sempre stati, lo erano anche prima.

I problemi però per il governo sono arrivati quando Mario Draghi si è schierato a fianco dell’Ucraina, rinforzando l’asse europeo. Sono cominciati quando l’Italia ha iniziato a cercare il gas altrove (come aveva fatto anche Renzi, tra l’altro)

Il governo è caduto proprio mentre Draghi andava in Algeria a cercare una forniture di gas alternative, è caduto quando si è iniziato a parlare di rigassificatori! Non prima! Perché prima Draghi era per Mosca una grande minaccia ma ancora non erano arrivati i fatti! Appena Draghi ha iniziato a muoversi con determinazione contro il regime criminale russo è stato fuori da quei sicari allevati da Putin e messi nelle nostre istituzioni a guardia degli interessi di Mosca!

Questo è successo. E se volete continuare a far finta di niente allora siete complici. E probabilmente fieri di esserlo.

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Redazione

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