Su Maradona. A mente fredda.

Era giusto aspettare qualche giorno dopo la sua morte per poter leggere e osservare le reazioni, prima di scrivere qualcosa

“Era un drogato, un evasore fiscale, buono come calciatore ma pessimo come uomo, troppa enfasi per un giocatore morto, un fenomeno solo napoletano, non dovevano fare assembramenti per omaggiarlo” e molti altri commenti su questa stupida falsariga. Se c’è una cosa che gli individui autori di certe frasi, comparse in rete dopo la sua morte, ignorano è quanto fosse davvero amato Diego Armando Maradona. Non ne hanno coscienza, non lo capiscono, ne sono completamente all’oscuro. Allora, con buona pazienza e cercando di usare parole semplici, proviamo a farglielo capire. Maradona è stato sicuramente uno dei personaggi più amati di tutto il ventesimo secolo, azzardando possiamo anche avventurarci nel dire che è stato il più amato in assoluto, più di Giovanni Paolo II, più di Gandhi, di Muhammad Ali, dei Beatles, di Lady Diana, di Rodolfo Valentino, di Berlinguer e degli One Direction. Maradona non era un mito o una leggenda, forse lo è stato per un periodo ma poi è diventato qualcosa di più forte, è diventato un Dio. La sua religione era il calcio. Una fede pagana che coinvolge tutto il mondo conosciuto. Una fede che trova i suoi riti negli stadi pieni e davanti alle tv ma che ha origine negli zaini messi come porte fuori dalla scuola, nei pali di legno dei campi polverosi senza linee, nei calci dati da piedi scalzi a un pallone nelle periferie africane fatte di lamiera, nelle ricreazioni, nelle partite di calcetto, nei negozi sportivi, nei bar, nelle trasmissioni sportive e sui social media. Una fede globale, viva, antropologica, fatta di sudore, esaltazione, istinto, urla ed emozioni. Questa religione aveva il suo Dio da venerare è il suo nome era appunto Diego Armando Maradona. Talmente grande e universalmente riconosciuto come superiore da diventare, col tempo, termine di paragone. Ma chi ti credi di essere, Maradona! Il Maradona della finanza. Il Maradona della pizza. Il Maradona degli scassinatori. Quando si cercava qualcosa di irraggiungibile per paragonarlo poi a un’altra attività, veniva preso come riferimento Maradona. Ecco quant’era grande. Aveva dei difetti? Innumerevoli, ma chi non ne ha? Il mondo è pieno di evasori fiscali, di tossicodipendenti e di persone che sbagliano ma soprattutto dove sta scritto che Maradona doveva essere un esempio buono per tutto? Lui era un esempio inarrivabile nel calcio, e basta. Anzi, se proprio vogliamo dirlo, è proprio nel calcio che è stato un pessimo esempio. Un buono esempio viene dato per farsi imitare ma imitare Maradona è impossibile quindi il suo esempio diventa inutile. Se un calciatore di serie A, oggi, provasse a fare una giocata alla Maradona, rischierebbe solo una figuraccia. Avvicinarsi alla sua grandezza, su un campo di calcio, è un’impresa che è riuscita a una manciata di eletti, ad altri sommi sacerdoti della religione calcistica quali Pelé, Cruijff, Best, Totti, Baggio, Messi, Ronaldo e pochi altri.

Un uomo imperfetto, come lo sono gli uomini veri, ed è forse proprio per questo che lo sentivamo vicino. Ma c’è un momento ben preciso, un episodio, che come in tutte le religioni diventa il punto centrale della Fede, l’evento superiore, la rivelazione. Il quando, 22 giugno del 1986. Il dove, Stadio Atzeca di Città del Messico. Si gioca Argentina- Inghilterra e in quel preciso momento storico, perché non si diventa un Dio per caso, Argentina-Inghilterra non è solo una partita di calcio. È molto di più. C’era stata una guerra qualche anno prima, la guerra delle isole Falkland, o delle Malvine, come le chiamano gli argentini. E c’era stato tutto quello che si porta dietro una guerra: i morti, i feriti, i prigionieri. Ma una guerra è anche altro, è nazionalismo e orgoglio ferito. Non spetta a noi dire chi aveva ragione in quel conflitto, ma una cosa è certa: l’Inghilterra vincente fu pervasa da un crescente patriottismo che contribuì anche al suo rafforzamento politico ed economico. L’Argentina ne usci a pezzi, con il morale di una nazione sotto terra, con il governo costretto a dimettersi per i crescenti malumori, con un malessere generale che andò a indebolire tutto il tessuto sociale. Non c’erano avversari in campo quel 22 giugno, in Messico, c’erano due nemici uno di fronte all’altro. Era la continuazione del conflitto. E quella volta le cose andarono diversamente. Vinse l’Argentina ma non è tanto importante questo, ma come vinse. Vinse ingannando gli inglesi con la più grande scorrettezza che si sia mai vista su un campo dei mondiali! Vinse facendosi beffa di loro. Vinse con la strafottenza di chi ti ruba un oggetto prezioso e poi lo va sfoggiando in giro come se fosse il suo, e tu non puoi fare niente. E allo stesso tempo, e qui sta la magia, vinse segnando il gol del secolo. Vinse dimostrando la sua superiorità. Vinse con la più grande esplosione di genio, fantasia e talento che si sia mai vista su un campo dei mondiali. I due gol di Maradona ridiedero orgoglio a tutto un popolo. Diego si fece nemesi dei nemici della patria e li sconfisse. Riportò luce nei quartieri e nei cuori degli argentini. Divenne il Salvatore. Divenne un Dio. E come se non bastasse poi quel mondiale lo andò anche a vincere.

E a Napoli fu lo stesso. Diego non andò lì a giocare ma a realizzare sogni, a combattere lo strapotere delle società del Nord, a infiammare gli animi di una città orgogliosa ma sempre denigrata. Andò a fare quello che nessuno aveva mai fatto e a vincere partite che non erano mai state vinte. A strappare due scudetti che nessuno aveva vinto mai! In una frase: andò a fare la storia! E la città esplose grazie alle sue giocate, divenne viva e diva, portò gioia, felicità, dignità e orgoglio. E scusate se è poco.

Ecco perché ci sembrano terreni i commenti social che lo denigrano, ecco perché altrettanto terrene sono le obiezioni, i pettegolezzi, le dicerie. E sono terrene anche le lamentele per gli assembramenti. Terreni, troppo per raggiungere le stelle e il cielo. Ma chi se ne frega del Coronavirus, oggi. Torneremo a preoccuparcene domani. Oggi è morto Diego Armando Maradona. Usciamo. Mettiamo fiori sotto a quello stadio che porterà il suo nome. Accendiamo fumogeni fino a formare un serpentone visibile anche dalla Luna. Perché è così che muore un Dio: facendo rumore.

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Redazione

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