Maturità classica a 80 anni

Lucia, 81 anni, bambina durante la guerra, non ha mai rinunciato al suo sogno

“Ho 81 anni. Avevo lasciato il liceo Alfieri di Torino nel ’57 per aiutare la famiglia con il lavoro. Adesso ho contattato il liceo, a breve avrò un incontro con la preside per dare l’esame integrativo e se tutto va bene la maturità”

Quando Chiara Bellucci, ideatrice e responsabile del sito per la didattica scolastica “Lezioni e dispense per la scuola e l’università” ha letto questo messaggio pervenuto tramite commento sull’estensione youtube del canale non ha potuto far a meno di contattare la signora Lucia per chiederle di raccontarci la sua storia. 

Maturità classica a 80 anni

“Sono nata prima della seconda guerra mondiale e ne ho visto gli orrori.

Nel luglio del 1940 la famiglia viene divisa:  papà in guerra, mamma ed io presso una zia paterna nel novarese. La madrina sfollata con la famiglia presso cui lavora. La nonna, una donna eccezionale, rimane a Torino, dove è cameriera di albergo. Avrà pure occasione di guidare fino a destinazione, un tram abbandonato dall’autista in occasione di un bombardamento.”

L’infanzia di Lucia è un’infanzia di guerra, è una di quelle storie che noi nati in un tempo dove in Europa regna la pace abbiamo visto nei film. 

“Una mattina di novembre la nostra cascina viene invasa dai tedeschi che cercano tracce di partigiani. La sorellina di pochi mesi urla in braccio alla zia seduta su un cassone contenente munizioni e vestiti che sfugge così alla perquisizione.  lo, che non ho ancora sei anni, dovrei partire per la scuola (mezz’ora di strada nei boschi), ma piango disperatamente. Un giovane tedesco mi offre una caramella prendendone una uguale anche lui. Gli faccio un sorriso e parto. Era forse un papà che pensava alla famiglia lontana?”

Dal racconto viene fuori una scuola che non conosciamo, una scuola severa, diversa da quelle che abbiamo frequentato noi ma vengono fuori anche i sogni di una bambina, la voglia di avventura e il bisogno di sognare. Era il novembre del 1944 e fuori c’era la guerra, sulle montagne i partigiani e nei cieli i bombardieri. 

“A scuola si faceva il saluto romano all’arrivo della maestra.

Quel giorno la mattinata è un po’ avventurosa per me. Si inizia con l’aritmetica: siccome continuavo a ridere dietro a un bambino che non se la cavava con il  pallottoliere, vedo la maestra avanzare solennemente verso di me fino a percuotermi le mani con una verga. Ma non basta. Mi mette in castigo fuori della porta. Avevo finalmente smesso di ridere; mi guardo attorno e, quatta quatta, esco sulla strada. Nessuno mi vede. Mi avvio verso un luogo dove si diceva che vi fosse un castello diroccato…”

La guerra finisce, restano le macerie, si contano i morti, si guarda al futuro e Lucia bambina torna a Torino. È la storia di un nuovo inizio per lei e per tutti i bambini di quella generazione coraggiosa che sopravvisse all’orrore. 

“Terminata la guerra e la prima elementare, torniamo a Torino dove Inizio la seconda.. Papà torna a casa e trova lavoro. La famiglia si ricompone.

La nuova maestra era una signorina non più giovanissima, appena tornata dall’America. Era severissima, ma ci voleva bene. Ci ha poi confidato, finite le elementari, che tutte le sere piangeva, pensando di averci dato troppi compiti a casa, ma poi il giorno dopo non riusciva a tenersi dal farlo di nuovo.

In città vedo dovunque case sventrate dalle bombe, balconi penzolanti, camere spezzate a metà. Adiacente alla nostra abitazione ce n’era una completamente distrutta. Dal balcone noi tre bambini fissavamo sovente una parete da cui pendeva un ferro che pareva la lugubre sagoma  di un uomo appeso.”

Un’Italia ferita che ha il dovere di ripartire seppur tra le mille difficoltà e le innumerevoli paure che si porta dietro una guerra. Lucia vorrebbe finire il liceo, continuare gli studi anche su consiglio dei suoi professori, ma per aiutare la famiglia interrompe il suo percorso di studi classici per iscriversi in un istituto tecnico.

“Finita la quinta elementare, dò l’esame di ammissione alla media, secondo il consiglio della maestra. Ma nel primo dopo guerra, c’era molta povertà, e i genitori decidono che potrò essere una buona impiegata: mi iscrivono all’avviamento commerciale, che completerò con due anni di scuola tecnica.  Conseguo un diploma che ora non esiste più. Questo a giugno ’54”

Erano anni di lavoro quelli, si stava costruendo il boom e con esso il benessere di quelle generazioni future che troppo spesso hanno ignorato la fatica fatta da chi prima di loro ha lavorato per assicurargli un futuro di pace e dignità.

Lucia, persona di cultura e di lavoro, vive la sua vita; la bambina che si era avventurata nel bosco cresce, attraversa in prima persona gli eventi che hanno costruito la nostra Europa. Non smette mai di informarsi e senza farsi spaventare dalla tecnologia si avvicina a internet dove frequenta blog, guarda canali didattici su YouTube, legge molti libri, ma la voglia di prendere la maturità classica ancora non le è passata.

Noi non lo sappiamo come finirà questa storia, ci piace pensare a Lucia come alla Elizabeth Abbot di “ Il curioso caso di Benjamin Button” che non rinunciò mai al suo sogno di attraversare la Manica a nuoto e che finì, ormai un po’ in avanti con gli anni, per farcela davvero. Non lo sappiamo cosa succederà quando Lucia si siederà tra i banchi per dare il suo esame di maturità classica, non sappiamo cosa penseranno i professori di lei ma siamo certi che alla fine si alzeranno in piedi, le stringeranno la mano e con rispetto saluteranno una parte dell’Italia migliore, quella parte che non si è mai arresa di fronte a niente e che è stata capace di vivere al meglio il proprio destino e di realizzare i suoi sogni.

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Redazione

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