Reddito di cittadinanza e lavoro agricolo

Riflessione di Ileana Piazzoni, coordinatrice di Italia Viva per la provincia di Roma, sul reddito di cittadinanza e il lavoro agricolo, tema molto dibattuto in questi giorni

Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Il reddito di cittadinanza, a dispetto del suo nome, è un reddito minimo, condizionato dalla prova dei mezzi (se lo prendi e quanto prendi dipende da quanto è basso il tuo reddito) e dal rispetto di alcuni obblighi, tra i quali la ricerca effettiva di un’occupazione.

L’obbligo di accettare un’occupazione (pena la perdita del sussidio) è vincolato ad alcuni parametri, che si definiscono come “offerta congrua”: dunque non sei obbligato ad accettare un lavoro qualsiasi e in qualsiasi parte del paese, ma un lavoro in linea con il tuo profilo, che non sia sotto una certa cifra. In quanto alla distanza da casa, la legge sul Reddito di Cittadinanza ha introdotto norme aggiuntive rispetto al decreto legislativo n. 150/2015 attuativo del Jobs Act, creando secondo me un caos incredibile, che però non si è verificato per la semplice ragione che a nessuno è mai stato offerto un impiego con il meccanismo del Reddito di Cittadinanza. Colui che doveva fare il miracolo sulle politiche attive, Mimmo Parisi dal Mississippi, è tornato da dove è venuto, e pur non mollando la poltrona evidentemente non produce granché.

Quindi i percettori del reddito di cittadinanza possono essere tutti obbligati a accettare un lavoro in agricoltura? Non tutti. Ma sappiamo che buona parte di coloro che lo percepiscono sono disoccupati di lungo periodo con qualifiche bassissime, per cui un impiego in agricoltura rientrerebbe sicuramente nella congruità dell’offerta.

Non comprendo quindi cosa possano argomentare esponenti politici (evidentemente molto ignoranti in materia) su questa ipotesi: se in Italia il meccanismo delle politiche attive funzionasse, automaticamente assisteremmo all’offerta di impieghi rimasti “scoperti” a tutti i disoccupati con determinate caratteristiche, percettori di reddito di cittadinanza o meno. Pena la perdita del sussidio, ma prima anche (udite udite) dell’indennità di disoccupazione.

Se invece si vuole porre una questione di tutela della salute, quella vale per tutti: italiani e stranieri e per tutti i settori. E’ chiaro che la sicurezza va garantita. Magari se ci saranno più italiani impiegati in agricoltura, ci saranno maggiori probabilità che venga garantita sicurezza e anche un po’ di dignità a chi lavora la terra.

Scritto da Ileana Piazzoni, coordinatrice di Italia Viva per la provincia di Roma, esperta di politiche sociali, deputata partito democratico XVII legislatura.

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Redazione

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