Roman Pastore, il rolex, la brutta figura della sinistra.

Per primi vennero a prendere quelli col rolex e io non dissi niente. Storia triste di un linciaggio social finito male per chi l’ha promosso.

Per primi vennero a prendere quelli col rolex e io non dissi niente perché avevo preso l’abitudine di guardare l’ora sul telefonino. Poi vennero a prendere quelli che avevano ereditato due lire scadute, ma restai in silenzio perché la cosa non mi riguardava. Poi vennero a prendere la media borghesia e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i liberali e cominciai a preoccuparmi ma restai in ancora in silenzio. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare.

Roman Pastore, anni ventuno, sì solo ventuno, allievo della scuola politica di Renzi, candidato come consigliere municipale a Roma con Calenda. Consigliere municipale, attenzione, non l’assemblea capitolina, quella che siede nell’aula Giulio Cesare in Campidoglio insieme al sindaco e agli assessori. Il consigliere municipale è un amministratore di quartiere, uno che si occupa di piccole realtà stradali e che al massimo può cercare di mettere sul piatto qualche buona idea per migliorare la sua zona.

Il rolex

Tutto comincia quando Roman posta una sua foto in cui si intravede un orologio di lusso inizialmente scambiato per un rolex, si scoprirà in seguito che trattasi di un audemar piguet, quindi mediamente anche più costoso. Non l’avesse mai fatto, da quel momento è stato accusato di tutto.

A far partire il linciaggio il tweet di un noto account Twitter che qui non nomineremo. Per tanti motivi, il primo perché è appunto “noto” solo su Twitter ed è lì che dovrebbero restare confinate le sue provocazioni deliranti che diffondono solo odio.

Secondo perché dopo una buona e costante lettura il personaggio in questione si capisce, si sgama come si dice a Roma, ed è uno di quei tantissimi esponenti della sinistra che sono composti per il novanta per cento di ipocrisia, gente che vorrebbe insegnare la sinistra agli altri pontificando dai Parioli (ed è proprio il caso specifico) gente che fondamentalmente non ha mai lavorato veramente in vita sua. In poche e semplici parole, non vogliamo fare pubblicità al nulla, perché come disse una volta Mourinho…”se quello vuole pubblicità da me allora mi deve pagare”.

L’accusa

“Non è aberrante candidare giovani immaturi che si mettono in posa con patacconi da 30k e sostengono chi afferma che il reddito di cittadinanza è diseducativo?”.

Ecco in buona sostanza l’accusa principale del tweet, essere renziano (o calendiano, prima o poi i due capiranno che forse insieme due spicci di voti li rimediano, da soli fanno solo confusione) ed essere contrari al reddito di cittadinanza. Come se questo fosse un reato. Come se questa fosse una colpa. Come se questo fosse vero! Infatti non lo è, nessuno vuole lasciare chi attraversa un periodo di difficoltà senza un aiuto, più semplicemente in molti stanno sottolineando il fatto che il Reddito di Cittadinanza ha delle pecche, evidenti, e che su questi difetti bisogna intervenire. E alla fine interverrà Draghi, aggiustandolo, migliorandolo, probabilmente ci metterà anche qualche miliardo in più, ma funzionerà e sarà meglio per tutti. Il resto, compreso il referendum di Renzi, è chiacchericcio, argomenti da ombrellone.

Da quel tweet però è partito un linciaggio verso un ragazzo di 21 anni che alla fine è stato anche costretto a dire…”L’orologio me l’ha lasciato mio padre che purtroppo non c’è più” e allora, a parte qualche facinoroso fanatico che ha continuato, il linciaggio si è placato e a prendere le parti della “grande inquisitrice” sono rimasti solo in due, Montanari e Alessando Robecchi. Di Montanari ne abbiamo già parlato, dell’altro lo faremo in seguito perché nel frattempo è successo qualcosa di inaspettato, di nuovo: il ragazzo è stato difeso da tutti.

Non solo da Calenda o da altri esponenti politici di quell’area ma da migliaia di utenti che si sono schierati al suo fianco. Migliaia di persone normali in grado semplicemente di capire che non è un ragazzo di 21 anni, con il suo orologio ereditato, la causa della disparità sociale, non è colpa sua se ci sono enormi fratture a livello economico nel tessuto della nostra società, non è colpa sua se pochi hanno molto e molti hanno poco. Lui è solo un ragazzo di 21 anni con un orologio e probabilmente non verrà neanche eletto. A infastidire è stato il bullismo, l’atteggiamento squadrista di mettere alla gogna l’avversario dandolo in pasto ai propri follower, cosa che quell’account fa sempre (sapete chi altro lo fa? Salvini)

La bulla quindi da cecchino è diventata bersaglio, e per difendersi, siccome è, lo accennavamo prima, un’esponente della scuola Montanariana ha iniziato ad accusare tutti di essere fascisti: Ecco i fascisti, mi vogliono rovinare, mi stanno diffamando, sono arrivate le camice nere a insultarmi, i fascisti vogliono ridurmi al silenzio, aiuto sono vittima dei fascisti.

Film già visto, molte volte, cambiano solo gli attori e neanche troppo spesso a dirla tutta.
Nel passare da carnefici a vittime sono maestri, peccato che qualcuno ci casca sempre quando invece dovrebbe solo sorridere di loro e subito dopo cambiare canale.

Il caso Robecchi

Giornalista, scrittore anche apprezzato, solo che sul caso rolex ha scritto una stronzata grossa come il Burj Khalifa

“Ma basta, su. Un ragazzino con un orologio da 30.000 euro, vuol dire solo una cosa: che 300 ragazzini potrebbero avere un orologio da 100 euro, che non possono avere.”

Il tutto seguito da “Twitter for Iphone” la scritta che indica il dispositivo usato da chi scrive.

A sistemare Robecchi ci ha pensato l’ironia che si è scatenata subito “Quindi con il suo Iphone 20 ragazzi potrebbero permettersi un Nokia 3310 che non possono avere”

“Ma basta su. Un cane con 24000 euro nella cuccia, vuol dire solo una cosa, che 24000 cani potrebbero avere un euro” oppure “Ma basta su. Un tenuta di cento ettari a Cabalbio, vuol dire solo una cosa, che 100 famiglie potrebbero avere un ettaro di Cabalbio”
E così via, un centinaio e più di pensieri su questa falsariga, senza insulti, solo divertenti. Insomma, dovrebbe aver capito da solo che la sua uscita non è stata proprio una genialata.

Alessandro Borghi

La parola fine, l’ha messa Alessandro Borghi, il bravissimo attore romano che a corredo di un suo post su Instagram scrive…”A Venezia si può mettere l’orologio vero?”, mostrando una sua foto dal red carpet mentre sfoggia un lussuoso Bulgari, taggando il brand e avvisando del post “promozionale”

E da lì la parte divertente, surreale e grottesca della storia si è conclusa. Resta lo sfondo a preoccuparci, il terreno su cui è cresciuta. Un terreno di odio sociale alimentato da una sinistra sempre più illiberale, sempre più squadrista, estrema, pericolosa più del mostro fascista ormai morto da decenni. Del resto, sul fascismo degli antifascisti qualcuno ci aveva avvertito.

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Redazione

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