L’importanza dell’ergonomia nel mondo del lavoro

L’importanza dell’ergonomia nel mondo del lavoro. L’International Ergonomic Association ha dato una definizione di ergonomia che è stata pressoché accettata da tutti gli ergonomi a livello mondiale: L’ergonomia è la scienza del lavoro.

Riferibili anche come “fattori umani”, volta alla comprensione delle interazioni fra soggetti umani e altre componenti all’interno di un sistema. Il focus va naturalmente sul concetto di “interazione” e il concetto di “sistema”. Naturalmente non possiamo parlare dell’uomo come individuo singolo, altrimenti tale soggetto sarebbe oggetto della psicologia che studia la mente o della fisiologia e biochimica che studia il corpo.

L'importanza dell'ergonomia nel mondo del lavoro

L’uomo in questo contesto va considerato nella sua interazione con altri soggetti umani impegnati in varie attività e naturalmente c’è un ambiente o sistema in cui queste interazioni avvengono: un ufficio con le varie postazioni di lavoro, gli armadi, le mensole o un’aula con i banchi, la lavagna e la cattedra. Nel caso dell’ufficio i soggetti che si relazionano avranno la finalità di svolgere mansioni di un certo tipo, nel caso della scuola, la finalità sarà apprendere.

Dunque l’ergonomia è una scienza sistemica perché basata su relazioni. Sul piano strettamente professionale, l’ergonomia applica teorie, principi, dati e metodi di progettazione finalizzati al benessere psicofisico dei soggetti umani, armonizzando le prestazioni complessive del sistema.

Ergonomia: la scienza di tutti i giorni

L’ergonomia è perciò una scienza applicativa sul lavoro o alla vita quotidiana e si focalizza appunto sul benessere del soggetto uomo perché avendo l’uomo finalità sociale nelle sue azioni, ad esempio se lavora, deve lavorare sentendosi bene nel sistema in cui è inserito e questo è il primo obbiettivo dell’ergonomia. Tutto ciò è logico anche a fini produttivi perché se una persona sta bene lavora bene, ma al contrario se sta male lavorerà male. Ecco come l’ergonomia contribuisce alla progettazione e alla valutazione di compiti, funzioni, prodotti, ambienti e sistemi pre renderli compatibili alle esigenze delle persone, alle capacità e ai limiti delle persone.

L’ergonomia deve progettare ambienti confortevoli nuovi e correggere ambienti esistenti dove ci sono cose che non vanno. Bisogna sempre valutare il tipo di lavoro che la persona deve fare per intervenire ergonomicamente. Se un lavoratore per otto ore della sua giornata inserisce dati al computer dovrà avere uno schermo che non sfarfalla e magari avrà bisogno di stare seduto su una sedia comoda e non su uno sgabello, esempio estremo, dove non esiste schienale. La definizione di ergonomia nasce dal e nel mondo del lavoro ed è storicamente determinata. Nasce cioè a partire dall’uomo che sta al lavoro. Ogni lavoro ha la sua tecnologia. Tante tecnologie, tanti lavori, tante situazioni ergonomiche. 

Naturalmente entra in gioco anche un discorso di sicurezzasalute fisica dell’individuo. Un tempo molta gente si ammalava per malattie professionali. Ci sono stati, per esempio casi di persone che hanno sviluppato malattie al timpano fino alla sordità per aver lavorato in ambienti altamente rumorosi.

L’ergonomia misura il livello del benessere

Il livello di benessere deve essere sempre il punto di riferimento. La persona non deve lavorare sentendosi costretta o in una situazione di potenziale pericolo. Nasce anche un discorso di affidabilità dal momento che quando lavoro con una specifica tecnologia non mi devo fare male perché ciò comporta gravi conseguenze non solo per la salute della persona fino al rischio della vita, ma conseguenze anche gravi dal punto di vista produttivo e sociale. Un operaio si fa male ad una macchina, la macchina si ferma e la produzione si interrompe. Problema con materiale elettrico. La corrente salta e magari altre persone rimangono ore e ore chiusi in ascensore. 

Poi abbiamo detto che l’uomo ha dei limiti. E’ ovvio: limiti fisici e mentali. Se mi viene richiesto di spostare un oggetto che pesa il doppio di quanto potrei sollevare da essere umano, è chiaro che quello è un limite. Non potrò certo pensare di memorizzare numeri a più cifre senza prescindere dal metterli per iscritto su qualche supporto.

L’uomo non è fatto per tollerare il freddo e il caldo oltre misura. Ancora mentalmente, determinati sillogismi mentali non sono così intuitivi e dovrò possedere strumenti per ragionare o aiutarmi a ragionare. Se si pensa al caso in cui un lavoratore viene spostato da un ufficio ad un altro e il lavoro totalmente cambia. Mi sentirò totalmente spaesato e non capirò nulla in quanto non ho sufficiente esperienza per capire tutto al primo colpo. L’uomo ha quindi dei limiti e uno di questi è il fatto che l’uomo fondamentalmente è sociale e lavori che richiedono isolamento per lunghi periodi possono influenzare in modo negativo la psiche. 

L’ambiente di lavoro

Quindi è fattore assodato che l’uomo ha dei limiti e tali limiti vanno rispettati, una delle regole portanti dell’ergonomia classica. Dalla conoscenza del limite umano è sorto un vasto complesso di norme e standard ergonomici emesse da organi competenti (es. Legge 626 relativo alla sicurezza sul posto di lavoro) che contribuiscono alla manualistica dell’ergonomia per antonomasia. Lo stesso si può dire per lo standard ovvero limite oltre al quale non si può andare.

Se è previsto che un ambiente di lavoro non può contenere un livello di rumore oltre gli 80 decibel è chiaro che quegli 80 decibel sono lo standard da rispettare. L’uomo è sul posto di lavoro e non si possono dunque progettare ambienti che non tengano conto della presenza dell’uomo. La relazione uomo>tecnologia>ambiente è portante.

Consideriamo anche un altro fattore. La società di oggi definita società della conoscenza è il risultato di un processo di ulteriore evoluzione di un cambio degli orizzonti in campo sociale avvenuto tra gli anni 70 e 80. Tra il 75 e il 76 per essere precisi, possiamo parlare senza ombra di dubbio di una società del sorpasso. Frigo, lavastoviglie, auto, giocattoli, tostapane e così via discorrendo cosa hanno in comune tra di loro? Il comune denominatore è l’informatica. Dunque l’informatica esce dai centri di calcolo anni 60 ed entra in ogni ambito della vita quotidiana dal privato al lavorativo.

Con l’automazione le macchine fanno il lavoro dell’uomo e con il 90 l’informatica ha davvero attraversato tutto, creando omogeneità negli ambienti di lavoro. L’uomo comunica con il proprio simile attraverso la macchina. Il lavoro è in continua trasformazione. Nascono nuove dinamiche ma soprattutto il modo di lavorare. Prima si apprendeva a fare un lavoro e quello facevi fino alla pensione. Ora si impara per dimenticare perché sui posti di lavoro vengono richieste conoscenze sempre nuove e adattamento a diverse mansioni. Per cui l’ergonomia è sempre necessaria ad un discorso lavorativo ma non sufficiente.

L’importanza dell’ergonomia nel mondo del lavoro

Con il passaggio, l’ergonomia si fa cognitiva, accompagna e favorisce l’apprendimento. L’ergonomia cognitiva aiuta l’uomo ad apprendere, a prendere decisioni, a potenziare la memoria, perché se si richiedono diverse mansioni e adattamento in vari ruoli devo memorizzare sempre più informazioni. Dunque ricordare e apprendere dati.

L’ergonomia cognitiva deve inoltre facilitare la comunicazione dal momento che si lavora in gruppi per la stragrande maggioranza dei casi e dunque c’è grossa necessità di rendere fluidi i processi.

I quattro punti dell’ergonomia

Questi sono in breve i quattro assi dell’ergonomia cognitiva che tengono conto dei seguenti parametri:

  • la conoscenza va distribuita: ciò si riferisca la fatto che necessariamente deve esistere una distribuzione della conoscenza nell’ambiente. La conoscenza non può trovarsi solo nella nostra testa perché non potremmo mai accogliere tante informazioni. Nasce l’esigenza di mettere parte di questa conoscenza fuori dalla nostra testa, nell’ambiente perché sia accessibile e pronta quando ho bisogno di riutilizzare tale conoscenza. Negli ambienti di lavoro, ognuno ha un sapere che deve condividere con un altro. Questo perché il raggiungimento dell’obiettivo finale prevede tale integrazione dei saperi e al giorno d’oggi il processo di distribuzione della conoscenza punta sull’immagazzinare informazioni di varie tipologia in banche dati.
  • Accesso e usabilità della conoscenza: da cui un discorso sull’interfaccia ma ancora di più sul Knowledge Managment ovvero un sistema che permette di gestire le conoscenze e metterle a disposizione in caso di bisogno.Tutto ciò ha massimamente valore in un’ottica di lavoro sociale di cui abbiamo già parlato ovvero lavoro di squadra, team di lavoro in cui un compito può essere svolto se l’altra persona ha svolto il suo. Tante competenze che tuttavia sottendono un cuore di competenza in comune
  • Fiducia: naturalmente mi devo fidare delle persone con cui lavoro altrimenti dovrò sempre controllare il lavoro svolto da altri e ciò comporta uno spreco di tempo.
  • Momento di passaggio dall’interazione uomo-macchina alla comunicazione degli uomini tramite la macchina. Sul primo tipo di comunicazione abbiamo una manualistica più che esaustiva, ma sul secondo c’è ancora molto da studiare. 

Ergonomia al passo con il lavoro che cambia

Il lavoro è profondamente cambiato; è permeabile, flessibile. Prima ad un lavoratore veniva richiesta una mansione e una sola, adesso vengono richieste varie mansioni. Ciò richiede un’infrastruttura unica e un accesso rapido e facile a quella infrastruttura che supporta a sua volta tutte le infrastrutture e tutte le macchine. Inoltre l’ergonomia cognitiva deve considerare un altro fattore importante: tempi, luoghi, tecnologia, vita e lavoro si mescolano. Prima una persona finiva il lavoro e tornava a casa, oggi le persona portano a casa il lavoro.

Il focus dunque non è solo sul lavoro ma anche sulla vita e l’ergonomia deve tenere conto di questo. Portare il lavoro a casa significa mescolare lavoro e vita privata. Ne deriva a lungo andare una tensione che diventa un problema dell’ergonomia se l’uomo non sta più bene. Il sovraccarico lavoro/tensione crea un disequilibrio che si aggiunge a quello di competizione che si associa a quello positivo di collaborazione.

In un ambiente fortemente competitivo nascono conflitti così come nascono gli errori. Tutto ciò è tipico dell’innovazione. Se prima si lavorava per prevenire gli errori, ora si lavora per gestire gli errori che non devono essere visti come fallimento.

Gli errori vanno tollerati secondo una filosofia per cui dagli errori si sbaglia e si cresce. Quindi anche l’errore può essere fattore che aiuta a costruire la conoscenza. L’uomo fa gli errori ma impara da quegli errori e poi li corregge. Un altro aspetto che è fortemente cambiato nel mondo del lavoro oggi è il focus sul cliente e non sul prodotto e l’azienda che lo produce.

Prima una certa standardizzazione era tollerata e dunque quando si produceva una determinata cosa, era la persona che si doveva adattare all’oggetto comprato. Oggi c’è un’inversione di tendenza e si parla di ergonomia della personalizzazione infatti perché io azienda produttore prima di immettere una prodotto sul mercato devo vedere se soddisfa le richieste di quel cliente.

Il punto di partenza

Esiste una segmentazione che reso dinamica l’ergonomia che si trova costretta a cambiare i metodi per conoscere i bisogni dei clienti e soddisfarli. Il punto di partenza è capire come si muove il cliente nella vita quotidiana, dunque capire i suoi bisogni e poi progettare un qualsiasi intervento su misura a soddisfare quel bisogno. Si è introdotto non a caso il termine analisi etnometodologica ovvero analisi del quotidiano del cliente, dopo la quale fase, se capto il bisogno, intervengo rapidamente da cui i vari processi di prototipizzazione che devono essere veloci e compatibili con lo specifico scenario in cui una persona x utilizza l’oggetto y per soddisfare il bisogno z.

Ciò ci consente in ultimo di parlare di ergonomia come metodologia di progettazione che permette di collegare l’evoluzione del cliente (parametro di livello marketing) al design di un oggetto. I manuali ergonomici standard vanno sempre bene ma richiedono una necessaria integrazione di lingue guida e best practices o prassi migliore intendendo con questo termine il complesso delle esperienze, delle procedure, delle azioni più significative, che hanno permesso di ottenere i migliori risultati, relativamente a svariati contesti e obiettivi preposti.

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Redazione

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